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venerdì 30 dicembre 2016

Regali di Natale fai da te, con il cuore

Come l'anno scorso anche quest'anno mi sono dedicata a fare qualche regalino fai da te. Voglio essere assolutamente sincera con voi, la manualità è tutta mia, ma l'idea no, sono stata ispirata da due fantastiche artiste che questa cosa la fanno di mestiere e le vorrei assolutamente citare, andate a vedervi (dopo aver finito di leggere il post) il blog di lebianchemargherite e di epistyle, sono fantastici doni che potete fare ai vostri amici.

Io ho provato a farli da sola.

Occorrente:
legnetti di mare
filo di rame
cordoncino animato
sgorbi
pinze
carta decorativa
vinavil
fantasia.
 
E una copia di casafacile sempre a portata di mano.




Una volta che ho avuto a disposizione tutti i materiali, ho pensato alle bambine a cui avrei fatto questo regalo.


Ho pensato a Adriana e al nuovo fratellino Arno. Ho pensato alla bellezza di essere fratello e sorella.


Fratello e sorella.
E' condividere una stanza,
è condividere l'amore,
è la consapevolezza che non sei l'unico,
ma che non sei solo.




Poi ho pensato a Sveva, alla sua vitalità, ai suoi riccioli scomposti:


Ma quant'è bella quella sensazione,
di tornare ad essere bambina,
con i palloncini che volano al vento
e i capelli spettinati.



Infine ho pensato a Adele e alla sua passione per la musica.


 
Perché nella vita non importa
se sei stonato
o se le parole non le sai.
Riprendiamoci il diritto di cantare
come vogliamo noi,
non come vogliono gli altri.



Con questi pensieri vi auguro buone feste.

venerdì 9 dicembre 2016

Luoghi magici - le camerette dei bambini


Le camerette dei bambini sono dei luoghi magici dove le fantasie diventano realtà.

Custodiscono i loro sogni più belli, vi si posano le loro speranze, nascondono i loro segreti e preservano le loro immaginazioni.

Sono luoghi senza tempo.

Così, per loro, ho voluto creare un’atmosfera originale, una stanza piena di cose fatte a mano, da me, per ritrovare la magia, la suggestione delle cose uniche e fatte con amore.

Vi ricordate le cose che vi avevo fatto vedere nei post passati?

 

Ecco qualcosa:

L’armadio baule di nonna Assuntina


 
La vecchia cassettiera di Giulia
 
 Il cassetto mensola

 
Il lampadario Costellazioni Amorose
 
 La casetta del colibrì
 
 
Oggi finalmente abbiamo aggiunto un altro tassello al nostro puzzle….
Ma non sarà l’ultimo perché troppe sono le idee che ho in testa.
Le testate dei lettini, e adesso vi spiego come fare:
Occorrente: Sagoma di compensato – Gommapiuma – Tessuti
 
  
 
Fatevi tagliare dal vostro falegname (o da sole con il seghetto alternativo) la sagoma a vostro piacimento, io l’ho fatta a forma di casetta 
(e nel frattempo Ines si è divertita a colorarla).
Ho ritagliato la gommapiuma con la stessa sagoma lasciando 3 centimetri di margine, che ho ripiegato dietro e attaccato con la spara-punti.
Per il tessuto potete fare la stessa cosa con la sparapunti oppure, se avete tempo e voglia, potete cucire l’orlo con il velcro, così potete togliere il rivestimento per lavarlo ogni volta che volete.
 
 
  
 
 
 
Ecco quello che è venuto fuori, carine vero?
 
  
 
 
 
E questa è la cameretta: 
 
 
 
 
E ricordatevi di non smettere mai di sognare!!!!
 
 
 
Quando il primo bambino rise per la prima volta, la sua risata si sbriciolò in migliaia di frammenti che si sparpagliarono qua e là. Fu così che nacquero le fate.

Sir James Matthew Barrie – Peter  Pan
 
 
 
 
 
 

venerdì 25 novembre 2016

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Oggi ,il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un tema a me molto caro e sentito. Proprio per questo ho voluto dedicare alcune pagine del mio romanzo a questo argomento. Ecco una pillola (in maremmano)


<<Sai da quel giorno il tù babbo diventò sempre peggio, un gli potevo dì più niente. Un giorno che gli risposi m’allungò na manata tanto forte che mi fece venì il livido nel naso. Provavo a coprillo colla zazzera, ma si vedeva. La moglie del Cappone se n’accorse e mi prese dapparte e mi fece un monte di domande, ma io gli negai tutto, che dovevo fà. Durò così pe’ mesi, Cicera, ogni sera che tornava a casa dopo avè bevuto era lezzo, io speravo che quella notte era diversa, perché lui ogni volta me lo prometteva. Invece niente, Cicera, lui tornava coll'odore di vino e di sudore e coll’alito acido. A me mi veniva la nausea, un lo sopportavo più. Bastava un niente pe’ fallo diventà violento, anche quando un beveva. Ormai Cicera avevo imparato a conoscelo e iniziai a compiacello, gli chiedevo scusa senza avè fatto niente, gli davo ragione anche se un l’aveva, pur di placà l’odio che, lo sapevo Cicera, sarebbe scoppiato da un momento all’altro. Quando s’arrabbiava c’aveva le vene che s’ingrossavano, il viso diventava viola e l’occhi uscivano dall’orbite. Io un l’avevo mai visto così, la prima volta m’impaurii. Le sue mani iniziarono a colpimmi sempre più spesso e io un mi volevo fa sentì all’inizio da quell’altri pastori, allora mi facevo piccina piccina in un angolo della capanna cercando di un urlà per un sveglià nessuno>>.

<<Ma mamma perché non hai reagito?>>

<<Oh Cicera, perché, perché. Facile fà ‘ste domande, ti ci volevo vedè al posto mio!>> mi dicesti <<Perché lui era il mi’ marito, che facevo lo denunciavo? Poi lui mi prometteva che un l’avrebbe più fatto, ogni volta attaccava a piange e mi chiedeva perdono, mi implorava e mi giurava che quella era l'ultima volta, Cicera. Poi diventava boncitto boncitto, dovevi vedè, mi giurava che le su’ mani m'avrebbero solo accarezzata d’ora in poi>>

<<E tu ci credevi>>.

<<Ci credevo sì. Col sangue che mi colava dal naso mi ritrovavo lì a consolallo, a convincelo che io gli credevo e che sarei stata pe’ sempre co’ lui>>.
 
            <<Non ci posso credere mamma, che bastardo!>> ti dissi.

            Tu mi guardasti sorpresa per la parola che era uscita spontanea dalle mie labbra.
            Il bastardo era mio padre e non ti tornava, vero?


Uomini amate le donne, accarezzatele, sfioratele, baciatele, leccatele, spogliatele. Uomini parlate con le donne, rideteci, giocateci. Uomini commovetevi, emozionatevi.



mercoledì 23 novembre 2016

Ritroviamo noi stessi - letture per grandi e per piccini


Oggi vi voglio parlare di due libri, quelli che mi accompagnano in queste sere d’autunno, quando con i miei bimbi ci mettiamo i primi pigiami caldi e ci accucciamo sotto le coperte per cercare il tepore.  
 
 

Alessandro e il topo meccanico  di Leo Lionni

Alessandro è un topolino triste che vive in una casa in cui nessuno lo vuole. Sono tutti ostili e lo scacciano con la scopa. Lui non riesce a capire, vorrebbe solo avere qualche briciola, non chiede altro. Poi incontra Pippo, un topolino meccanico, che invece è amato e coccolato. Sono simili, ma Pippo ha le ruote al posto delle zampine e una chiave di ferro nella schiena. I due topolini diventano amici, ma Alessandro è invidioso, vorrebbe diventare anche lui un topo meccanico per essere amato. Un giorno gli si presenta l’occasione, grazie ad una lucertola magica, che lo può trasformare in un altro animale, a sua scelta. Al ritorno a casa scopre che Pippo nel frattempo è stato riposto in uno scatolone e rimpiazzato dai nuovi giochi. Alessandro capisce l’importanza di essere se stessi e deciderà di non trasformarsi in un altro animale, ma di aiutare Pippo a diventare un topo vero. “I due amici si abbracciarono colmi di gioia. Poi corsero verso il sentiero del giardino. E lì danzarono fino all’alba.”

 

Strappami la vita di Angeles Mastretta

La bella Catalina sposa giovanissima il generale Andrés Ascensio, uomo potente e più vecchio di lei che ha militato nella Rivoluzione messicana e diventa poi governatore dello Stato di Puebla, in Messico. Il generale, con gli anni, acquista prestigio e ricchezze e Catalina è costretta nella parte di moglie impeccabile di un politico senza scrupoli. Lui si rivela un traditore ed un assassino. Catalina cresce e diventa una donna. Inizia a sentirsi sempre più sola e insofferente al suo stato di moglie del generale Ascensio, ma non le risulta facile ribellarsi. Ma un giorno incontrerà il musicista Carlos Vives e troverà sé stessa.
 
Buona lettura!

venerdì 4 novembre 2016

Ottobre vola - lavori autunnali

Ottobre è volato via come le foglie gialle. Se n'è andato così, senza aspettarmi. Sono finite le passeggiate all'alberese, le giornate si sono accorciate, è passata la sagra del tordo e il compleanno di Pietro. Ottobre se n'è andato e mi ha lasciato un po' triste, in casa a cercare qualcosa da fare, per passare le domeniche. Ma io, che non amo i centri commerciali, qualcosa da fare la troverò sempre per scaldarmi le mani. Perché il mio divano è scomodo e io non amo passarci più di mezz'ora, dopo fremo.... Questo è mio primo lavoro di questo autunno.
 
Occorrente:
Mobile di recupero.
Colori aggrappanti
Carta decoupage
Colla vinavil
Pennelli, grandi e piccoli
Protettivo
Fantasia
 
 
 
Versione originale

 
 
 
Versione camera dei bambini
 
 
 
 
Versione camera dei grandi



 
 
 
 
 
Con tutte le idee che ho in testa, volerò via con Ottobre per far passar presto questo inverno che mi ghiaccia il cuore. Le raccoglierò tutte le foglie che cadono a terra.
 
 
 
 
 
 

mercoledì 28 settembre 2016

Salviamo l'Alberese

Se l'altro giorno ero lunatica perché pioveva, questo fine settimana mi ha rimesso al mondo. E' il sole che mi ha dato nuova energia. E' l'Alberese che mi fa rinascere. E' un posto così bello, puro, naturale, che mi rigenera. All'alberese sono me stessa, sono spontanea, genuina, disinvolta. All'Alberese costruiamo capanne, siamo immersi nella natura, ci sentiamo selvaggi. I bambini giocano senza litigare, non ce n’è motivo, non ci sono giochi da contendersi, ci sono solo legni, sabbia e acqua. Io trovo qui l’ispirazione, cammino alla ricerca (disperata) di legni di varie forme e dimensioni, per i miei lavori invernali. Sono loro poi che trovano me, sono lì piantati che mi aspettano, con le loro braccia alzate al cielo a salutarmi. Io in questo posto trovo la pace, la serenità.
Guardate che posto è questo:

 
 
Ho saputo vogliono togliere i legni da Marina di Alberese, perché a qualcuno non piacciono, o forse hanno trovato il modo per farci i soldi, vorrebbero sbriciolarli e farci il pellet per le stufe.
Ma non è possibile, l’Alberese senza legni non è l’Alberese, è come sbriciolarmi l’anima e farmi a brandelli. Non permettiamo che succeda vi prego!
 

mercoledì 21 settembre 2016

Arriva l'autunno

E' oggi o domani il solstizio d'autunno?
Ci sono pareri discordanti su questa data, io ho deciso che è oggi il primo giorno d'autunno.
Sono triste perché siamo alla fine dell'estate, le giornate si accorciano e mi sembra di non avere più tempo a disposizione per fare tutto quello che vorrei.
Mi manca la luce.
Poi oggi piove e io sono lunatica.
Non sopporto nessuno.
Ci sono anche queste giornate, credo che succeda a tutti essere irritabili ogni tanto. In realtà se ci penso bene la mia intolleranza sta diventando sempre più grande e un po' mi fa paura.
Non riesco più a sopportare certi atteggiamenti di ignoranza nelle persone, certe situazioni di mancanza di rispetto assoluta.
Perché la gente è così egocentrica.
Se prima ingoiavo, adesso sparerei a zero su tutti.
Devo assolutamente ritrovare un po' di diplomazia.
Devo ritrovare un po' di zen.
Devo meditare.





lunedì 19 settembre 2016

Pillole di romanzo (2)


L’aula era stata ricavata in un grande capannone dove prima i soldati tenevano i cavalli e l’odore di sterco aleggiava ancora nell’aria, anche se forse sembrava solo a me.
Eravamo tanti bambini e ci divisero in vari gruppi, a rotazione stavamo nell’aula principale dove c’era la lavagna, anche se mancavano spesso i gessi e la cimosa. Quando il tempo lo permetteva la maestra ci faceva stare all’aperto e ci spiegava l’orientamento, il nord, il sud, la sinistra e la destra. Ci insegnò la rosa dei venti e il ciclo del sole, le stagioni, i mesi, le settimane, i giorni. Capii il significato del tempo e la durata delle cose. Ogni entità nasce, cresce e muore, come il sole. Compresi anche che tante cose alla fine del loro ciclo di vita potevano essere riciclate, adattandole a un uso diverso da quello iniziale.
La maestra era una ragazza giovane e carina, che veniva dalla città di Grosseto tutte le mattine con la bici, era brava e paziente e non dava nulla per scontato. Intese subito che eravamo avidi di sapere qualsiasi cosa, così trovò facilmente uno sfogo alla sua voglia di insegnare al di fuori dell’ordinario. Si era affezionata a noi e spesso restava oltre l’orario della scuola per soddisfare le nostre domande più assurde. Mi piaceva andare a scuola, sapevo che se avessi studiato, avrei presto imparato tante cose nuove e avrei avuto la possibilità di uscire da lì per guadagnarmi da vivere da sola. Ero già consapevole che avrei dovuto farcela da sola, di sicuro non avrei permesso al destino di lasciarmi lì per sempre, non avrei lasciato la mia vita volare dove voleva il vento, non sarei rimasta allo sbando senza lottare. Non dovevo farmi condizionare dalla sorte, la mia strada avrei dovuto trovarla da sola, ero fermamente convinta di questo fin dall’età di sei anni. E quindi mi impegnavo a imparare a leggere, a scrivere, a contare e imparai subito tutte le tabelline a memoria.
La scuola mi aprì nuove frontiere e cambiò il modo in cui mi approcciavo al mondo. Adesso notavo cose che prima non vedevo. Leggere diventava una scoperta, se prima una scritta in un cartello non significava niente, adesso la comprendevo. Leggevo le carte che trovavo per strada, leggevo i giornali vecchi a nonno. Questa forse era la cosa che più mi piaceva, leggere i giornali a nonno. Lui era entusiasta di questa novità e anche se le notizie che gli leggevo erano vecchie di alcune settimane a lui non importava. Sentivo che era orgoglioso di me e questo mi dava forza, speranza, fiducia.  Mi sentivo unica in famiglia, avevo finalmente qualcosa in più, gli stavo dimostrando che mi sarei riscattata.




 

martedì 30 agosto 2016

Pillole di romanzo


Quando arrivavo lei si metteva automaticamente il dito indice sulla bocca per ricordarmi di fare piano, senza accorgersi che ero agile e silenziosa come un gatto. La sua camera era piccola, ma accogliente, sempre pulita e ordinata e aveva un profumo di agrumi che mi piaceva tanto e che mi era entrato nell’anima. Più tardi scoprii che conservava delle striscioline di buccia d’arancia dentro dei sacchetti di cotone che usava per profumare l’ambiente, ma anche come repellente contro mosche e zanzare che popolavano la città d’estate. La sua brandina era appoggiata al muro, nella parte più scura della stanza, davanti al piccolo armadio per il suo misero guardaroba. La scrivania invece era stata sapientemente spostata sotto la finestra per avere più luce. Al posto del comodino aveva un baule di legno chiuso a chiave. Sopra ci teneva la bibbia e altri libri accatastati uno sopra l’altro a formare una torre pendente, il candelabro di bronzo e una foto di famiglia in una cornice bianca. Era una bella foto, lei era una ragazzina vestita a festa, chissà per quale occasione. Avevo provato a chiederlo una sera, ma lei aveva cambiato argomento. 
 
La lampada della piccola stanza diffondeva una luce flebile e io amavo accendere una candela prima di sdraiarmi sul suo letto. Mi ricordo che mi divertivo a sfregare nella fuga delle mattonelle la capocchia dei fiammiferi di legno che lei teneva sul baule e ogni volta venivo rimproverata perché ne sprecavo troppi e perché l’odore di zolfo si diffondeva nella camera. I suoi rimproveri erano belli, li adoravo, lei corrugava la fronte e faceva la voce grossa, ma dai suoi occhi si capiva l’affetto che provava per me e ogni rimprovero era come se mi avesse detto “ti voglio bene”. Mi divertivo a farle dei piccoli dispetti proprio per vedere quella luce brillante nei suoi occhi.

<<Che storia vuoi che ti racconti?>> mi chiedeva.

<<I tre capelli d’oro del diavolo! I tre capelli d’oro del diavolo!>> fremevo elettrizzata.

<<Ma quella storia è lunghissima>> provava a protestare, consapevole che non avrebbe avuto successo di fronte alla mia risolutezza di bambina testarda.

<<Ti prego!>> la imploravo. 
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martedì 2 agosto 2016

Le Biglie

Cinque palline di plastica colorata, rossa, gialla, verde, blu e rosa. 
Dentro una figurina, due macchine di formula uno, una moto da cross, una moto da strada, un ciclista.
Un sacchettino bucherellato bianco.
Un senegalese che passa sulla spiaggia.
Un euro.

Tanto basta per tornare bambini, ma bambini quelli veri, quelli degli anni 80.

Improvvisiamo una pista semplice con un paio di curve.
Ma non ci basta, aggiungiamo una variante, un bivio, un incrocio.
Poi rafforziamo la pista con delle spallette laterali per evitare che le palline escano fuori, in curva.
Diventiamo ingegneri, siamo convinti ingegneri stradali.
La pista è troppo facile però, obietta qualcuno.
In effetti.
Inseriamo degli ostacoli, delle difficoltà.
Facciamo delle buche.
Aggiungiamo delle barriere con dei legnetti.
Ci divertiamo, ci entusiasmiamo.
Qui ci starebbe bene un tunnel.
Costruiamo montagne e scaviamo tunnel e gallerie sotterranee.
Troviamo l'acqua.
Si, chi casca nella buca con l'acqua sta fermo un giro.
Aggiungiamo una sopraelevata. Ma in curva però così è più difficile.
Il secchiello è pieno di sabbia, facciamo un castello.
Si, un castello con il mastio alto e la bandiera.
Diventiamo architetti, urbanisti. 
Ci trasformiamo in ideatori e creatori del nostro divertimento.

E così passiamo tutto il pomeriggio. A giocare a biglie.













venerdì 15 luglio 2016

Ferie

Come l'anno scorso mi ritrovo qui ad elencare i must delle ferie... che inizieranno nelle prossime ore:


  1. Dormire fino alle 10
  2. Non mettere mai la sveglia
  3. Finire di leggere il libro in corso e iniziarne uno nuovo
  4. Scrivere almeno 15 pagine
  5. Andare a Carbonifera, a Torre Mozza e a Punta Ala
  6. Andare al mare in bicicletta
  7. Fare un po' di shopping
  8. Mangiare il crudo al Sottomarino
  9. Leggere un libro con Ines
  10. Fare i castelli di sabbia con Rocco
  11. Portare i bimbi al lunapark e al cinema
  12. Stare una giornata con le amiche
  13. Fare tantissimo amore con Pietro
  14. Nuotare
  15. Riposarmi
  16. Non urlare
  17. Ridere
  18. Fare le parole crociate sotto l'ombrellone
  19. ...
  20. ...




mercoledì 29 giugno 2016

Nonna Danda

Si chiamava Iolanda ma per noi bambini era Nonna Danda.
 
Casalinga, paurosa e poco autonoma come tante donne nate e vissute in quel periodo.
 
A volte mi faceva arrabbiare, non ci incoraggiava mai in niente, per lei eravamo tutti esuberanti e avremmo fatto meglio a stare in casa, al sicuro e senza spendere i soldi. Si perché i soldi ci sarebbero serviti prima o poi, tanto valeva metterli da parte. Ora che sono più grande la capisco un po' meglio.
 
Come biasimarla, ha vissuto due guerre, ma non quelle che vediamo noi alla televisione, quelle vere, quelle che ti vedi gli aerei che lanciano le bombe, quelle che è meglio stare in casa per non incappare nei fascisti, quelle che il pane è difficile trovarlo.
 
Sorrido al pensiero che non mi faceva bere l'acqua durante i pasti perché altrimenti mi pienavo la pancia e non mangiavo. Mi ricordo anche la sua buonissima pasta al forno, unta e bisunta, che mi piaceva troppo. E il cervellino fritto che non volevo neanche assaggiare  e che ora vorrei mangiare  a tutti i costi.
 
Mi ricordo i pomeriggi passati in cortile a giocare ai coccini e anche il suo ciao verde mela che ci ha portato anche in tre, lei nel mezzo e io e mio fratello, uno davanti e l'altro dietro.
 
E io che al ritorno dall'università, il sabato pomeriggio, andavo a trovarla e la trovavo ad aspettarmi in terrazza, al secondo piano, a guardare il passaggio della gente al supermercato.
 
Mi faceva le calze di lana e le presine per i fornelli.
 
Nata il 29 giugno 1916, oggi avrebbe compiuto 100 anni. Auguri nonna.
 
 
 
 
 

martedì 21 giugno 2016

7 anni





Amore mio, tu che mi dai mille baci e mi stringi forte, ieri mi ha fatto una promessa.
Mi hai promesso che quando sarai grande continuerai a baciarmi.
Mi hai garantito che continuerai a tenermi per mano per la strada.
Mi hai giurato che starai sempre con me. Io lo so che non sarà vero, te ne andrai per la tua strada, è giusto così, lo abbiamo fatto tutti. 
Ma io la voglio mettere per scritto la tua promessa, magari qualche coccola me la concederai.
Stai diventando grande, stai perdendo la tua irrazionalità per lasciar spazio alla ragione, ai pensieri, alle riflessioni.
Stai mettendo in un cassetto la spontaneità per nasconderti dietro la timidezza.

Amore mio come cresci in fretta, aspetta un po'...

martedì 7 giugno 2016

A pagina 40

A marzo ho scritto un post sul foglio bianco e sulla mia voglia di scrivere qualcosa, un racconto, un romanzo. Ho avuto qualche giorno tutto per me per pensare e mi sono creata una storia nella mia mente che con i giorni ha preso forma e sostanza. Ho creato dei personaggi, partendo da alcuni eventi veri, ho buttato giù una base, ma poi le cose cambiano in corso d'opera.  Il personaggio della storia, che inizialmente era il protagonista, adesso è diventato il narratore delle proprie vicende intrecciate a quelle di un altro personaggio che poi è diventato il principale. A loro due si legano e uniscono altre circostanze singolari, a volte bizzarre. Inizio a voler bene ai miei personaggi e alle loro storie. Ieri per esempio ho deciso di cambiare il nome ad una di loro e mi è dispiaciuto, ma era necessario, solo che adesso non mi ritrovo nella storia, continuo a chiamarla con il nome vecchio. 
 
Adesso sono al punto in cui fremo, sono impaziente, ho voglia di scrivere tutto quello che mi passa in testa, ma ho poco tempo, pochissimo direi. Prima di iniziare a scrivere devo immergermi di nuovo nella situazione in cui ero rimasta e devo rileggere le ultime pagine, quindi ho bisogno di tempo e ogni volta mi ritrovo che sono sempre a pagina 40. Non vado né avanti né indietro, o forse vado un po' avanti, ma poi torno indietro e mi ritrovo sempre lì. Il problema principale è che non ho studiato scrittura creativa, sono solamente una buona lettrice ed è difficile non essere banali e scrivere cose interessanti, è difficile non cadere nella mediocrità, nell'ordinarietà.
 
Prendo ispirazioni da vari libri, ma a volte mi sento così piccolina e insignificante. Però devo andare avanti, ormai mi sono affezionata ai miei personaggi e alle loro storie, non posso lasciarli a metà strada, non li posso abbandonare adesso.
 
 
 
 
 
Chissà se nel mio prossimo post vi racconterò qualcosa dei miei nuovi amici.........

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martedì 10 maggio 2016

I diritti imprescrittibili del lettore



Qualche giorno fa mi sono imbattuta in una accanita lettrice che mi ha detto “ho fallito” riferita al fatto che non era riuscita a finire un libro, un classico che secondo lei andava finito.  Le ho risposto citando il mitico Daniel Pennac, professore e scrittore francese che dalla cattedra della sua aula spiega che leggere non deve essere un dovere.

Leggere è un'esperienza, un viaggio, una conoscenza che chiunque può fare, ma non tutti vogliono o devono.  Non dobbiamo sentirci costretti a leggere qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Ho imparato sulla mia pelle che si cono momenti che non sono adatti a leggere un libro, che quindi dovrebbe essere messo nella nostra libreria in attesa del momento giusto, che potrebbe  anche non arrivare mai. A volte ci sono delle pagine noiose o che toccano degli argomenti che non ci interessano, andiamo avanti, come nella vita.

Se invece un libro ti fa innamorare, lo puoi prendere dallo scaffale ogni volta che vuoi e rileggertelo o sfogliarlo per rivedere dove hai sottolineato, ricordarti quello che ti ha suscitato e  rivivere certe emozioni. Questo è un diritto che adoro perché la seconda volta che leggi un libro lo leggi con altri occhi, con più attenzione, cogliendo delle sfumature che durante la prima lettura, presa dalla trama, puoi aver tralasciato.

Abbiamo il diritto di leggere ad alta voce e dove vogliamo e soprattutto il diritto di emozionarci, immedesimarci nel libro al punto da estraniarci dalla realtà e godere dell’evasione (bovarismo malattia testualmente contagiosa).


Abbiamo il sacrosanto diritto di leggere quello che ci pare, senza dover sottostare ai giudizi altrui e senza dover parlare o raccontare quello che il libro ci ha regalato, è un legame intimo personale tra noi e lui (il libro).



giovedì 28 aprile 2016

Nuova vita alle cose - i vecchi cassetti

Dare una nuova vita alle cose è diventata la mia passione.
E non parlo solo delle cose, ma di un po' di tutto. 

Parlo anche dei rapporti con le persone, dovremmo essere capaci di rivederli nel tempo ed adattarli ai cambiamenti della nostra vita, della nostra personalità e delle nostre esperienze. Non è vero che rimaniamo sempre uguali, ogni giorno che passa dovrebbe essere uno stimolo per riciclarci, per capire meglio noi stessi e gli altri e per trovare una nuova collocazione nel nostro universo.

Mi piace pensare che si possa non buttare via niente, che si possa riciclare quasi tutto nella vita.

Ci provo con me stessa, con le persone che mi stanno vicino e con le cose che mi circondano.

Oggi vi parlo dei cassetti. I cassetti sono contenitori, raccolgono cose. I cassetti sono magici perché dentro ci puoi trovare di tutto, biancheria, foto, lettere, gioielli. I cassetti sono intimi perché nascondono cose personali, riservate. I cassetti sono pieni, colmi. Quando apri un cassetto e lo trovi vuoto e polveroso rimani interdetto e non capisci. E quello il momento giusto per dargli una nuova vita, regalargli una speranza.

E così ho fatto con la vecchia cassettiera che Rossella tiene in garage. Era completamente vuota e triste. Ho preso un cassetto e mi sono messa al lavoro. Prima l'ho dipinto di bianco dandogli nuova luce:




Poi l'ho decorato con carta floreale e washi tape e ci ho passato una mano di fissativo:






A questo punto le soluzioni sono due:


ci avvitiamo sotto quattro piccole ruote e lo usiamo come cassetto porta giochi sotto il letto........



  



oppure lo mettiamo in verticale, ci mettiamo una mensolina, due gancetti e lo appendiamo al muro come fosse una piccola libreria.......





Quale è l'opzione che vi piace di più?? A me entrambe.....




mercoledì 13 aprile 2016

Le Maioliche e il tavolo dell'IKEA

Ma quanto sono belle le maioliche! Brillanti, colorate, luminose. Adesso sono tornate di moda, anche se il loro fascino non tramonterà mai.  Se proprio non potete permettervi le piastrelle in maiolica dipinte a mano, oggi potete accontentarvi di parecchio meno. Adesso si trovano a giro le cementine, ma non solo, si trovano anche i tappeti in vinile con le stampe colorate che sembrano mattonelle. 

Io mi sono accontentata di molto molto meno.

Ho comprato delle belle carte decorative sul sito http://www.flonzcraft.com/ e dopo circa un mese di viaggio (dalla Nuova Zelanda) ho ricevuto il mio pacco. Cosa ci faccio con queste carte? 

Non ci ho pensato molto. Il tavolo LACK dell'IKEA, quello bianco insignificante che tengo in sala per farci colorare i bambini! Il tavolo lack dell'ikea è fantastico, costa 6 euro e ti puoi permettere di farci che ti pare....




Ed io che mi diletto a colorare ogni cosa che mi passa tra le mani, mi sono divertita tanto quel pomeriggio in casa con Ines. Mentre lei disegnava, io mi sono avvantaggiata ed ho colorato la base del tavolo Ikea color tortora. Ho trovato delle pitture eccezionali alla fiera Abilmente, non hanno bisogno di cementite e neppure di aggrappante. Sono dense e si fissano da sé, e soprattutto si asciugano velocemente. 


 

Poi con Ines ci siamo messe a messe all'opera e ci siamo divertite ad incollare con la colla Vinavil le nostre piastrelle di carta!  Mi piace trasmettere ai miei bambini l'idea di poter colorare il mondo, lasciando spazio al loro istinto, alle loro ispirazioni,  al loro estro,  ai loro pensieri. Guardate come è venuto bello il nostro tavolo dell'Ikea!! 









giovedì 31 marzo 2016

Il foglio bianco

A volte ci troviamo davanti ad un foglio bianco e non siamo capaci di scriverci niente. Non troviamo nulla da dire oppure semplicemente qualcosa in testa lo abbiamo ma non escono le parole giuste.  A volte ci proviamo,  scarabocchiamo un po' e poi il foglio finisce appallottolato nel cestino.  

Il foglio bianco a volte fa paura se ci facciamo condizionare da chi lo leggerà, il confronto con gli altri è duro,  difficile.  E ancora più arduo è il confronto con sé stessi. 

Dipingere un  foglio bianco significa colorare il mondo con i nostri pensieri e le nostre idee. Significa scrivere qualcosa che rimane, che diventa storia,  diventa una traccia,  un percorso.  Significa che dopo tanto tempo puoi rileggerlo e ritornare nel passato,  magari con gioia,  forse con dolore,  ma sicuramente con un'emozione,  un trasporto. È come fare una foto un po' speciale, una foto che magari agli altri non dice nulla ma a te fa battere il cuore.  Per questo,  di fronte ad un foglio bianco non dovremmo pensare più di tanto e lasciarsi andare.  Liberare le proprie emozioni, la nostra fantasia.  Aprirsi al nostro istinto. Giocare con le nostre parole. Scarabocchiare. Spennellare. Sporcarsi le mani con i nostri colori preferiti.  A volte buttare il foglio, ma per prenderne uno nuovo e riprovare.  

Ammiro chi prende i pennelli e si concede questa libertà. Ammiro i bambini che disegnano senza tregua e senza timore. Ammiro chi scrive poesie o compone una canzone. Ammiro chi riesce a scrivere un libro,  chi ha l'idea di una storia da raccontare, di personaggi da inventare.  Adoro immedesimarmi nei personaggi dei libri e a volte ne trovi alcuni talmente particolari che chi li ha inventati è sicuramente un fantasioso. Oppure è semplicemente un buon osservatore delle persone che ci circondano. 

Scrivere un libro è un sogno di tante persone e forse anche il mio, dovrei solo avere il coraggio di provarci. 



Oggi sono stata sola molte ore ed ho avuto il tempo di pensare, di riflettere. Ogni tanto il silenzio fa bene all'anima. Oggi sono ispirata ed ho una storia in mente, vediamo quel che viene fuori.