Sono tornata. Troppo tempo è passato,
tutta l’estate. Un’estate calda e afosa che ha prosciugato i fiumi, rinsecchito
le piante, fatto solchi profondi nella nostra terra. Un’estate che ha bruciato
le nostre pinete e indurito i nostri cuori. Un’estate strana, che si è fatta
quasi odiare anche da persone come me, che amano l’estate.
Un’estate che però è stata creatrice, compagna di viaggio nella nascita del mio
primo libro “Quel che non sai di me”.
E’ un romanzo che è nato dall’esigenza di
parlare agli altri, di raccontare qualcosa a un mondo che è sempre meno
disposto ad ascoltare, sia per il tempo che manca, sia per il vizio umano di
essere sempre più concentrati su noi stessi e le nostre infinite esigenze e
necessità. Avevo bisogno di raccontare uno stato d’animo, di buttare fuori
un’emozione che cercava di uscire ,ma non trovava il modo. L’ho trovato
scrivendo. Scrivere mi riesce più facile che parlare perché mi dà il tempo di
riflettere e trovare la parola giusta, che a voce spesso non arriva. Scrivere è
più semplice perché non guardo negli occhi nessuno e non ho paura di dire cose
che faccia a faccia non direi. E così mi apro, mi libero, butto fuori tutti i
miei pensieri. Ecco perché sono arrivata alla scrittura, per necessità.
Questa è la storia di Nina, cresciuta
a Grosseto tra le macerie dopo il bombardamento del 26 aprile 1943, quando gli
aerei statunitensi colpirono il cuore della Maremma e centinaia di grossetani
furono costretti a stravolgere le proprie esistenze e risollevarsi da una
tragedia ancora più profonda se unita al dramma della grande guerra contro i
nazifascisti. Il romanzo narra del rapporto di Nina con sua madre. Nina è ormai
una donna adulta, forte e realizzata, che assiste l’anziana mamma ripercorrendo
quegli anni tragici e mettendo a nudo le tante domande rimaste appese senza una
risposta in una situazione familiare difficile. Le storie delle due donne si
sono rincorse su binari differenti, tra le numerose divergenze che hanno
portato Nina a preferire i libri a un destino di stenti e ignoranza. Scelte che
hanno avuto un costo, motivazioni che finalmente la donna ha la possibilità di
spiegare alla madre in una lunga confessione. Ho scelto di mettere la
protagonista in una condizione di libertà assoluta, ovvero davanti a una madre malata
che non può risponderle, in modo che non abbia nessun tipo di vergogna e di
paura di una risposta. Questo perché troppo spesso abbiamo proprio timore di
quella risposta, di quella replica secca e severa che non ci aspettiamo. Alla
fine non si tratterà di un vero e proprio monologo di Nina, perché la mamma,
anche se non può risponderle con le parole, lo fa con i gesti, con la bocca,
con una smorfia o con un sorriso. Durante il racconto le due donne appaiono
profondamente diverse e distanti, ma pagina dopo pagina si capisce quanto, in
realtà, siano legate e quanto amore abbiano l’una per l’altra nonostante le
diversità e le scelte di vita totalmente differenti. Grazie a questa confessione Nina recupera il
legame con sua madre e riesce ad accettare finalmente le proprie insicurezze e
la propria vulnerabilità.
Questo è
un libro dove emergono con forza le figure femminili, ognuna con una
personalità ben definita, ognuna che rappresenta i modi in cui si può essere
donna. Gli uomini invece fanno da sfondo e si emancipano, crescendo insieme
allo sviluppo della protagonista. Il ruolo degli uomini sembra secondario, ma non
lo è. E’ importante per Nina conoscere il lato negativo di alcuni uomini per
convincersi che nessuno dovrà mai metterle le mani addosso e costringerla ad
essere una donna diversa. Lei cerca l’uomo che l’apprezzi per come è, se
stessa. Perché avere accanto l’uomo giusto può fare la differenza e gli uomini
di questo romanzo fanno la differenza. Nel romanzo parlo della violenza sulle
donne, ma non solo, tocco temi sociali come l'isolamento, la povertà, il dramma degli
sfollati, l'alcolismo, tutti argomenti vivi del periodo bellico e post bellico,
che si ripropongono oggi più che mai nella quotidianità. Sono temi attuali che
l’evoluzione della società negli ultimi cinquant’anni non ha purtroppo
migliorato e che ci dovrebbero far fermare e riflettere.
In questo
libro provo a ripercorrere la storia della Maremma attraverso alcuni eventi storici che
sono nella memoria e nel patrimonio di tutti, cerco di recuperare il linguaggio
maremmano, di rievocare tradizioni e mestieri non più esistenti come quello
della pellaia. Leggendolo,
avvertirete un forte attaccamento alle mie radici, alla mia terra, la Maremma.
Il romanzo è stato finalista alla IV
edizione del Premio Letterario Nazionale Bukowski e terzo classificato al
Premio Letterario Giovane Holden.