L’aula era stata
ricavata in un grande capannone dove prima i soldati tenevano i cavalli e
l’odore di sterco aleggiava ancora nell’aria, anche se forse sembrava solo a
me.
Eravamo tanti bambini e ci divisero in vari gruppi, a rotazione stavamo
nell’aula principale dove c’era la lavagna, anche se mancavano spesso i gessi e
la cimosa. Quando il tempo lo permetteva la maestra ci faceva stare all’aperto
e ci spiegava l’orientamento, il nord, il sud, la sinistra e la destra. Ci
insegnò la rosa dei venti e il ciclo del sole, le stagioni, i mesi, le
settimane, i giorni. Capii il significato del tempo e la durata delle cose.
Ogni entità nasce, cresce e muore, come il sole. Compresi anche che tante cose
alla fine del loro ciclo di vita potevano essere riciclate, adattandole a un
uso diverso da quello iniziale.
La maestra era una ragazza giovane e carina,
che veniva dalla città di Grosseto tutte le mattine con la bici, era brava e
paziente e non dava nulla per scontato. Intese subito che eravamo avidi di
sapere qualsiasi cosa, così trovò facilmente uno sfogo alla sua voglia di
insegnare al di fuori dell’ordinario. Si era affezionata a noi e spesso restava
oltre l’orario della scuola per soddisfare le nostre domande più assurde. Mi
piaceva andare a scuola, sapevo che se avessi studiato, avrei presto imparato
tante cose nuove e avrei avuto la possibilità di uscire da lì per guadagnarmi
da vivere da sola. Ero già consapevole che avrei dovuto farcela da sola, di
sicuro non avrei permesso al destino di lasciarmi lì per sempre, non avrei
lasciato la mia vita volare dove voleva il vento, non sarei rimasta allo sbando
senza lottare. Non dovevo farmi condizionare dalla sorte, la mia strada avrei
dovuto trovarla da sola, ero fermamente convinta di questo fin dall’età di sei
anni. E quindi mi impegnavo a imparare a leggere, a scrivere, a contare e
imparai subito tutte le tabelline a memoria.
La scuola mi aprì nuove frontiere
e cambiò il modo in cui mi approcciavo al mondo. Adesso notavo cose che prima
non vedevo. Leggere diventava una scoperta, se prima una scritta in un cartello
non significava niente, adesso la comprendevo. Leggevo le carte che trovavo per
strada, leggevo i giornali vecchi a nonno. Questa forse era la cosa che più mi
piaceva, leggere i giornali a nonno. Lui era entusiasta di questa novità e
anche se le notizie che gli leggevo erano vecchie di alcune settimane a lui non
importava. Sentivo che era orgoglioso di me e questo mi dava forza, speranza,
fiducia. Mi sentivo unica in famiglia,
avevo finalmente qualcosa in più, gli stavo dimostrando che mi sarei
riscattata.