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martedì 30 agosto 2016

Pillole di romanzo


Quando arrivavo lei si metteva automaticamente il dito indice sulla bocca per ricordarmi di fare piano, senza accorgersi che ero agile e silenziosa come un gatto. La sua camera era piccola, ma accogliente, sempre pulita e ordinata e aveva un profumo di agrumi che mi piaceva tanto e che mi era entrato nell’anima. Più tardi scoprii che conservava delle striscioline di buccia d’arancia dentro dei sacchetti di cotone che usava per profumare l’ambiente, ma anche come repellente contro mosche e zanzare che popolavano la città d’estate. La sua brandina era appoggiata al muro, nella parte più scura della stanza, davanti al piccolo armadio per il suo misero guardaroba. La scrivania invece era stata sapientemente spostata sotto la finestra per avere più luce. Al posto del comodino aveva un baule di legno chiuso a chiave. Sopra ci teneva la bibbia e altri libri accatastati uno sopra l’altro a formare una torre pendente, il candelabro di bronzo e una foto di famiglia in una cornice bianca. Era una bella foto, lei era una ragazzina vestita a festa, chissà per quale occasione. Avevo provato a chiederlo una sera, ma lei aveva cambiato argomento. 
 
La lampada della piccola stanza diffondeva una luce flebile e io amavo accendere una candela prima di sdraiarmi sul suo letto. Mi ricordo che mi divertivo a sfregare nella fuga delle mattonelle la capocchia dei fiammiferi di legno che lei teneva sul baule e ogni volta venivo rimproverata perché ne sprecavo troppi e perché l’odore di zolfo si diffondeva nella camera. I suoi rimproveri erano belli, li adoravo, lei corrugava la fronte e faceva la voce grossa, ma dai suoi occhi si capiva l’affetto che provava per me e ogni rimprovero era come se mi avesse detto “ti voglio bene”. Mi divertivo a farle dei piccoli dispetti proprio per vedere quella luce brillante nei suoi occhi.

<<Che storia vuoi che ti racconti?>> mi chiedeva.

<<I tre capelli d’oro del diavolo! I tre capelli d’oro del diavolo!>> fremevo elettrizzata.

<<Ma quella storia è lunghissima>> provava a protestare, consapevole che non avrebbe avuto successo di fronte alla mia risolutezza di bambina testarda.

<<Ti prego!>> la imploravo. 
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martedì 2 agosto 2016

Le Biglie

Cinque palline di plastica colorata, rossa, gialla, verde, blu e rosa. 
Dentro una figurina, due macchine di formula uno, una moto da cross, una moto da strada, un ciclista.
Un sacchettino bucherellato bianco.
Un senegalese che passa sulla spiaggia.
Un euro.

Tanto basta per tornare bambini, ma bambini quelli veri, quelli degli anni 80.

Improvvisiamo una pista semplice con un paio di curve.
Ma non ci basta, aggiungiamo una variante, un bivio, un incrocio.
Poi rafforziamo la pista con delle spallette laterali per evitare che le palline escano fuori, in curva.
Diventiamo ingegneri, siamo convinti ingegneri stradali.
La pista è troppo facile però, obietta qualcuno.
In effetti.
Inseriamo degli ostacoli, delle difficoltà.
Facciamo delle buche.
Aggiungiamo delle barriere con dei legnetti.
Ci divertiamo, ci entusiasmiamo.
Qui ci starebbe bene un tunnel.
Costruiamo montagne e scaviamo tunnel e gallerie sotterranee.
Troviamo l'acqua.
Si, chi casca nella buca con l'acqua sta fermo un giro.
Aggiungiamo una sopraelevata. Ma in curva però così è più difficile.
Il secchiello è pieno di sabbia, facciamo un castello.
Si, un castello con il mastio alto e la bandiera.
Diventiamo architetti, urbanisti. 
Ci trasformiamo in ideatori e creatori del nostro divertimento.

E così passiamo tutto il pomeriggio. A giocare a biglie.













venerdì 15 luglio 2016

Ferie

Come l'anno scorso mi ritrovo qui ad elencare i must delle ferie... che inizieranno nelle prossime ore:


  1. Dormire fino alle 10
  2. Non mettere mai la sveglia
  3. Finire di leggere il libro in corso e iniziarne uno nuovo
  4. Scrivere almeno 15 pagine
  5. Andare a Carbonifera, a Torre Mozza e a Punta Ala
  6. Andare al mare in bicicletta
  7. Fare un po' di shopping
  8. Mangiare il crudo al Sottomarino
  9. Leggere un libro con Ines
  10. Fare i castelli di sabbia con Rocco
  11. Portare i bimbi al lunapark e al cinema
  12. Stare una giornata con le amiche
  13. Fare tantissimo amore con Pietro
  14. Nuotare
  15. Riposarmi
  16. Non urlare
  17. Ridere
  18. Fare le parole crociate sotto l'ombrellone
  19. ...
  20. ...




mercoledì 29 giugno 2016

Nonna Danda

Si chiamava Iolanda ma per noi bambini era Nonna Danda.
 
Casalinga, paurosa e poco autonoma come tante donne nate e vissute in quel periodo.
 
A volte mi faceva arrabbiare, non ci incoraggiava mai in niente, per lei eravamo tutti esuberanti e avremmo fatto meglio a stare in casa, al sicuro e senza spendere i soldi. Si perché i soldi ci sarebbero serviti prima o poi, tanto valeva metterli da parte. Ora che sono più grande la capisco un po' meglio.
 
Come biasimarla, ha vissuto due guerre, ma non quelle che vediamo noi alla televisione, quelle vere, quelle che ti vedi gli aerei che lanciano le bombe, quelle che è meglio stare in casa per non incappare nei fascisti, quelle che il pane è difficile trovarlo.
 
Sorrido al pensiero che non mi faceva bere l'acqua durante i pasti perché altrimenti mi pienavo la pancia e non mangiavo. Mi ricordo anche la sua buonissima pasta al forno, unta e bisunta, che mi piaceva troppo. E il cervellino fritto che non volevo neanche assaggiare  e che ora vorrei mangiare  a tutti i costi.
 
Mi ricordo i pomeriggi passati in cortile a giocare ai coccini e anche il suo ciao verde mela che ci ha portato anche in tre, lei nel mezzo e io e mio fratello, uno davanti e l'altro dietro.
 
E io che al ritorno dall'università, il sabato pomeriggio, andavo a trovarla e la trovavo ad aspettarmi in terrazza, al secondo piano, a guardare il passaggio della gente al supermercato.
 
Mi faceva le calze di lana e le presine per i fornelli.
 
Nata il 29 giugno 1916, oggi avrebbe compiuto 100 anni. Auguri nonna.
 
 
 
 
 

martedì 21 giugno 2016

7 anni





Amore mio, tu che mi dai mille baci e mi stringi forte, ieri mi ha fatto una promessa.
Mi hai promesso che quando sarai grande continuerai a baciarmi.
Mi hai garantito che continuerai a tenermi per mano per la strada.
Mi hai giurato che starai sempre con me. Io lo so che non sarà vero, te ne andrai per la tua strada, è giusto così, lo abbiamo fatto tutti. 
Ma io la voglio mettere per scritto la tua promessa, magari qualche coccola me la concederai.
Stai diventando grande, stai perdendo la tua irrazionalità per lasciar spazio alla ragione, ai pensieri, alle riflessioni.
Stai mettendo in un cassetto la spontaneità per nasconderti dietro la timidezza.

Amore mio come cresci in fretta, aspetta un po'...

martedì 7 giugno 2016

A pagina 40

A marzo ho scritto un post sul foglio bianco e sulla mia voglia di scrivere qualcosa, un racconto, un romanzo. Ho avuto qualche giorno tutto per me per pensare e mi sono creata una storia nella mia mente che con i giorni ha preso forma e sostanza. Ho creato dei personaggi, partendo da alcuni eventi veri, ho buttato giù una base, ma poi le cose cambiano in corso d'opera.  Il personaggio della storia, che inizialmente era il protagonista, adesso è diventato il narratore delle proprie vicende intrecciate a quelle di un altro personaggio che poi è diventato il principale. A loro due si legano e uniscono altre circostanze singolari, a volte bizzarre. Inizio a voler bene ai miei personaggi e alle loro storie. Ieri per esempio ho deciso di cambiare il nome ad una di loro e mi è dispiaciuto, ma era necessario, solo che adesso non mi ritrovo nella storia, continuo a chiamarla con il nome vecchio. 
 
Adesso sono al punto in cui fremo, sono impaziente, ho voglia di scrivere tutto quello che mi passa in testa, ma ho poco tempo, pochissimo direi. Prima di iniziare a scrivere devo immergermi di nuovo nella situazione in cui ero rimasta e devo rileggere le ultime pagine, quindi ho bisogno di tempo e ogni volta mi ritrovo che sono sempre a pagina 40. Non vado né avanti né indietro, o forse vado un po' avanti, ma poi torno indietro e mi ritrovo sempre lì. Il problema principale è che non ho studiato scrittura creativa, sono solamente una buona lettrice ed è difficile non essere banali e scrivere cose interessanti, è difficile non cadere nella mediocrità, nell'ordinarietà.
 
Prendo ispirazioni da vari libri, ma a volte mi sento così piccolina e insignificante. Però devo andare avanti, ormai mi sono affezionata ai miei personaggi e alle loro storie, non posso lasciarli a metà strada, non li posso abbandonare adesso.
 
 
 
 
 
Chissà se nel mio prossimo post vi racconterò qualcosa dei miei nuovi amici.........

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martedì 10 maggio 2016

I diritti imprescrittibili del lettore



Qualche giorno fa mi sono imbattuta in una accanita lettrice che mi ha detto “ho fallito” riferita al fatto che non era riuscita a finire un libro, un classico che secondo lei andava finito.  Le ho risposto citando il mitico Daniel Pennac, professore e scrittore francese che dalla cattedra della sua aula spiega che leggere non deve essere un dovere.

Leggere è un'esperienza, un viaggio, una conoscenza che chiunque può fare, ma non tutti vogliono o devono.  Non dobbiamo sentirci costretti a leggere qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Ho imparato sulla mia pelle che si cono momenti che non sono adatti a leggere un libro, che quindi dovrebbe essere messo nella nostra libreria in attesa del momento giusto, che potrebbe  anche non arrivare mai. A volte ci sono delle pagine noiose o che toccano degli argomenti che non ci interessano, andiamo avanti, come nella vita.

Se invece un libro ti fa innamorare, lo puoi prendere dallo scaffale ogni volta che vuoi e rileggertelo o sfogliarlo per rivedere dove hai sottolineato, ricordarti quello che ti ha suscitato e  rivivere certe emozioni. Questo è un diritto che adoro perché la seconda volta che leggi un libro lo leggi con altri occhi, con più attenzione, cogliendo delle sfumature che durante la prima lettura, presa dalla trama, puoi aver tralasciato.

Abbiamo il diritto di leggere ad alta voce e dove vogliamo e soprattutto il diritto di emozionarci, immedesimarci nel libro al punto da estraniarci dalla realtà e godere dell’evasione (bovarismo malattia testualmente contagiosa).


Abbiamo il sacrosanto diritto di leggere quello che ci pare, senza dover sottostare ai giudizi altrui e senza dover parlare o raccontare quello che il libro ci ha regalato, è un legame intimo personale tra noi e lui (il libro).



giovedì 28 aprile 2016

Nuova vita alle cose - i vecchi cassetti

Dare una nuova vita alle cose è diventata la mia passione.
E non parlo solo delle cose, ma di un po' di tutto. 

Parlo anche dei rapporti con le persone, dovremmo essere capaci di rivederli nel tempo ed adattarli ai cambiamenti della nostra vita, della nostra personalità e delle nostre esperienze. Non è vero che rimaniamo sempre uguali, ogni giorno che passa dovrebbe essere uno stimolo per riciclarci, per capire meglio noi stessi e gli altri e per trovare una nuova collocazione nel nostro universo.

Mi piace pensare che si possa non buttare via niente, che si possa riciclare quasi tutto nella vita.

Ci provo con me stessa, con le persone che mi stanno vicino e con le cose che mi circondano.

Oggi vi parlo dei cassetti. I cassetti sono contenitori, raccolgono cose. I cassetti sono magici perché dentro ci puoi trovare di tutto, biancheria, foto, lettere, gioielli. I cassetti sono intimi perché nascondono cose personali, riservate. I cassetti sono pieni, colmi. Quando apri un cassetto e lo trovi vuoto e polveroso rimani interdetto e non capisci. E quello il momento giusto per dargli una nuova vita, regalargli una speranza.

E così ho fatto con la vecchia cassettiera che Rossella tiene in garage. Era completamente vuota e triste. Ho preso un cassetto e mi sono messa al lavoro. Prima l'ho dipinto di bianco dandogli nuova luce:




Poi l'ho decorato con carta floreale e washi tape e ci ho passato una mano di fissativo:






A questo punto le soluzioni sono due:


ci avvitiamo sotto quattro piccole ruote e lo usiamo come cassetto porta giochi sotto il letto........



  



oppure lo mettiamo in verticale, ci mettiamo una mensolina, due gancetti e lo appendiamo al muro come fosse una piccola libreria.......





Quale è l'opzione che vi piace di più?? A me entrambe.....




mercoledì 13 aprile 2016

Le Maioliche e il tavolo dell'IKEA

Ma quanto sono belle le maioliche! Brillanti, colorate, luminose. Adesso sono tornate di moda, anche se il loro fascino non tramonterà mai.  Se proprio non potete permettervi le piastrelle in maiolica dipinte a mano, oggi potete accontentarvi di parecchio meno. Adesso si trovano a giro le cementine, ma non solo, si trovano anche i tappeti in vinile con le stampe colorate che sembrano mattonelle. 

Io mi sono accontentata di molto molto meno.

Ho comprato delle belle carte decorative sul sito http://www.flonzcraft.com/ e dopo circa un mese di viaggio (dalla Nuova Zelanda) ho ricevuto il mio pacco. Cosa ci faccio con queste carte? 

Non ci ho pensato molto. Il tavolo LACK dell'IKEA, quello bianco insignificante che tengo in sala per farci colorare i bambini! Il tavolo lack dell'ikea è fantastico, costa 6 euro e ti puoi permettere di farci che ti pare....




Ed io che mi diletto a colorare ogni cosa che mi passa tra le mani, mi sono divertita tanto quel pomeriggio in casa con Ines. Mentre lei disegnava, io mi sono avvantaggiata ed ho colorato la base del tavolo Ikea color tortora. Ho trovato delle pitture eccezionali alla fiera Abilmente, non hanno bisogno di cementite e neppure di aggrappante. Sono dense e si fissano da sé, e soprattutto si asciugano velocemente. 


 

Poi con Ines ci siamo messe a messe all'opera e ci siamo divertite ad incollare con la colla Vinavil le nostre piastrelle di carta!  Mi piace trasmettere ai miei bambini l'idea di poter colorare il mondo, lasciando spazio al loro istinto, alle loro ispirazioni,  al loro estro,  ai loro pensieri. Guardate come è venuto bello il nostro tavolo dell'Ikea!! 









giovedì 31 marzo 2016

Il foglio bianco

A volte ci troviamo davanti ad un foglio bianco e non siamo capaci di scriverci niente. Non troviamo nulla da dire oppure semplicemente qualcosa in testa lo abbiamo ma non escono le parole giuste.  A volte ci proviamo,  scarabocchiamo un po' e poi il foglio finisce appallottolato nel cestino.  

Il foglio bianco a volte fa paura se ci facciamo condizionare da chi lo leggerà, il confronto con gli altri è duro,  difficile.  E ancora più arduo è il confronto con sé stessi. 

Dipingere un  foglio bianco significa colorare il mondo con i nostri pensieri e le nostre idee. Significa scrivere qualcosa che rimane, che diventa storia,  diventa una traccia,  un percorso.  Significa che dopo tanto tempo puoi rileggerlo e ritornare nel passato,  magari con gioia,  forse con dolore,  ma sicuramente con un'emozione,  un trasporto. È come fare una foto un po' speciale, una foto che magari agli altri non dice nulla ma a te fa battere il cuore.  Per questo,  di fronte ad un foglio bianco non dovremmo pensare più di tanto e lasciarsi andare.  Liberare le proprie emozioni, la nostra fantasia.  Aprirsi al nostro istinto. Giocare con le nostre parole. Scarabocchiare. Spennellare. Sporcarsi le mani con i nostri colori preferiti.  A volte buttare il foglio, ma per prenderne uno nuovo e riprovare.  

Ammiro chi prende i pennelli e si concede questa libertà. Ammiro i bambini che disegnano senza tregua e senza timore. Ammiro chi scrive poesie o compone una canzone. Ammiro chi riesce a scrivere un libro,  chi ha l'idea di una storia da raccontare, di personaggi da inventare.  Adoro immedesimarmi nei personaggi dei libri e a volte ne trovi alcuni talmente particolari che chi li ha inventati è sicuramente un fantasioso. Oppure è semplicemente un buon osservatore delle persone che ci circondano. 

Scrivere un libro è un sogno di tante persone e forse anche il mio, dovrei solo avere il coraggio di provarci. 



Oggi sono stata sola molte ore ed ho avuto il tempo di pensare, di riflettere. Ogni tanto il silenzio fa bene all'anima. Oggi sono ispirata ed ho una storia in mente, vediamo quel che viene fuori.  





giovedì 17 marzo 2016

Camminando insieme

Riguardando le vecchie foto ho trovato questa che mi ha fatto venir voglia di scrivere questo post.  





Una passione che accomuna me e Pietro sono i viaggi. Nella nostra vita abbiamo sempre avuto la fortuna di poter viaggiare, prima da soli, poi da quando ci siamo incontrati in compagnia l’uno dell’altro. Ci siamo trovati. Viaggiavamo io e lui perché era il nostro modo di essere, non volevamo essere distratti nel nostro cammino. Iniziavamo mesi prima a viaggiare, per preparare il nostro viaggio, compravamo le guide, studiavamo i percorsi, ne parlavamo a tavola. I nostri erano viaggi studiati minuziosamente, ma al tempo stesso improvvisati. Prenotavamo solo la prima notte, poi il resto andava da sé, nella nostra rotta potevamo soffermarci un giorno in più se amavamo un luogo o tirare a dritto se non ci piaceva. Sceglievamo sul posto, in base al sole e alla luna. Decidevamo dove dormire a seconda del sorriso delle persone che ci accoglievano nelle loro case o nelle loro locande. Decidevamo dove mangiare in base al profumo delle spezie. E così abbiamo viaggiato insieme per anni, Guatemala, Belize, Cuba, Vietnam, India, Giappone…


Poi siamo cresciuti ed abbiamo iniziato un altro viaggio, più importante e più impegnativo, quello della famiglia. Un viaggio che abbiamo dovuto studiare nei libri, ma soprattutto improvvisare. Si perché hanno provato ad insegnarci la via da seguire, ma quando sei lì non è sempre facile prendere quella giusta. Non è come negli aeroporti, se non prendi la corretta entrata non puoi sempre tornare indietro. A volte ci troviamo di fronte a percorsi impervi e sassosi, a volte si cammina vicino ad un burrone e non sappiamo come andare avanti. A volte il ponte traballa. A volte piove e ti infanghi. Ma alla fine ritroviamo sempre la strada insieme, ci diamo la mano ed andiamo avanti, perché sappiamo la distanza che abbiamo percorso e quella che dobbiamo ancora percorrere. E quando troviamo una spiaggia, che piacere correre veloce e gettarsi, rotolarsi, insabbiarsi, fare buche, costruire castelli, cercare conchiglie e poi buttarsi in mare.

Perché nella vita non importa dove vai , ma con chi viaggi.

I love you Pietro.


giovedì 10 marzo 2016

Il mio mondo fantastico

Finalmente siamo a marzo, il mio mese. Marzo mi apre nuove prospettive ogni anno, le giornate si allungano e si fanno più tiepide. Io sboccio, rinasco ogni anno a Marzo. E proprio alla vigilia del  mio compleanno sono pronta a svelarvi qualche segreto di me stessa…

Come una vera pesciolina io adoro l’acqua, mi ci tuffo e nuoto in profondità, ed è lì che dovete venire a cercarmi, nel blu profondo, se volete trovarmi. Non è facile conoscermi, non mi mostro facilmente come sembra. Ogni tanto salgo in superficie prendo una boccata d’aria e torno giù, per perdermi di nuovo nel mio mondo fantastico.

C’è chi mi vede forte, indistruttibile, instancabile. Ma non lo sono sempre, la mia energia e la mia vitalità a volte si perdono e lasciano spazio a mille dubbi. Ed in questi momenti la mia improvvisa mancanza di forza mi fa sentire sola, incompresa. Quando perdo il mio equilibrio cado nella spirale delle mie emozioni ed ho bisogno di essere rassicurata ed incoraggiata. Mi sento un pesce squalo e un merluzzo.  Ho un bisogno assoluto degli altri, ma ho anche bisogno di stare sola, di pensare, di riflettere. Sono molto concentrata nel mio percorso interiore, spirituale e al tempo stesso lo vorrei condividere con tutti, sapere cosa ne pensano, parlarne. Ho un bisogno infinito di condividere le mie emozioni, le mie difficoltà, i miei sentimenti, i miei bisogni, che apparentemente vengono nascosti dietro la mia corazza di donna forte.

Qualcuno mi vede pragmatica e strutturata. Sicuramente sono pratica e concreta, ma sono anche l’opposto. La mia vita  è sospesa tra il mondo reale e quello in cui la mia mente spesso di rifugia, il mio mondo irreale, quello che non si vede, quello che percepisco io nei miei stati d’animo. Sono sognatrice, ho la testa tra le nuvole. Sono creativa e la mia mente è in continuo viaggio, una ricerca incessante di idee. Amo i libri e divento ogni personaggio dei libri che leggo. Mi immedesimo. Sono empatica.

Qualcuno pensa che sia fredda e distaccata, a volte cinica. E’ vero, può sembrare che alcune volte sia disinteressata alle cose che mi circondano, è che a volte sono distratta. Ma principalmente sono timida, riservata. Può non sembrare vero, ma sono introversa con le persone con cui non ho confidenza, spesso mi sento a disagio e mi estraneo. Ho un bisogno enorme che qualcuno si dimostri interessato a me per uscire dal mio guscio. A quel punto divento un libro aperto. Amo le lunghe chiacchierate intime con gli amici, sogno legami profondi e travolgenti, quasi utopici.

Sapete quale è il regalo più grande che potete farmi per il mio compleanno?

Il dono più grande è quello di darmi fiducia, parlatemi, mostratemi voi stessi.







PS. Questo quadro lo ha disegnato e me lo ha regalato la mia grande amica Giulia, una di quelle persone che mi sta dando tanta fiducia...


martedì 1 marzo 2016

PAINT YOUR LIFE


Fino all’anno scorso gestivo i miei lavori con difficoltà perché ogni volta dovevo organizzarmi, studiare dove lavorare, se nel tavolo in terrazza o in salotto. Dovevo avere del tempo a disposizione perché si trattava di tirar fuori l’attrezzatura, lavorare e poi risistemare tutto. Non sempre era possibile rimettere a posto perché c’era bisogno di asciugatura. A volte non potevo fare quel che volevo perché sporcavo a giro e non avevo tempo di pulire. Ero trattenuta, frenata. La mia fantasia  e la mia voglia di creare erano limitate dalla logistica e dall’organizzazione delle mura domestiche. Non c’era spazio per l’improvvisazione. Dovevo assolutamente trovare uno spiraglio per far uscire la mia creatività, in qualsiasi momento. Così ho creato il mio angolo “paint your life”. E’ il mio personalissimo cantuccio. Lì mi rifugio molto spesso. Lì mi riparo dal malumore, mi rassereno. Lì mi rilasso e lascio sfogo alla mia fantasia, anche solo per 10 minuti. Ed è  proprio questo il bello, non ho bisogno delle ore, mi sono sufficienti i minuti. Assaporo i minuti. Scappo, mi nascondo per poco e ritorno, a volte nessuno se ne accorge, lo so solo io.

Così  se mi chiedete come fa una donna con un lavoro fuori sede full-time e due figli piccoli a trovare il tempo per fare dei lavori creativi, io vi svelo il mio trucco: dieci minuti alla volta.

Allora oggi, a voi donne che come me amate la creatività, vi indico le cose basilari, essenziali da avere a portata di mano per il vostro angolo “paint your life”.

L’angolo “paint your life” deve essere accessibile dalla casa, per esempio in una stanza tutta per voi. Non è necessario che sia grande, sono sufficienti pochi metri quadrati. Io l’ho sistemato in garage perché il mio garage è direttamente connesso alla casa. Così potete allontanarvi senza essere viste, godere dei vostri 10 minuti e tornare.  E’ come giocare a nascondino.  In questo modo lo potete fare più volte senza che la vostra assenza sia notata.

Il vostro angolo “paint your life” deve essere funzionale, pratico . Non deve essere necessariamente bello, trendy, chic. Certo se lo è tanto meglio, ma l’importante è che sia comodo, deve essere un posto che potete tranquillamente lasciare disordinato senza che nessuno ci faccia caso e senza che i marmocchi ci mettano le grinfie. Guardate il mio angolo, è tutto tranne che bello, ma ho tutto quello che mi serve. E’ la mia mano destra.
 
 

Il vostro angolo “paint your life” deve avere tutta la strumentazione essenziale per i vari lavori che vi vengono in mente. Se poi siete appassionate di qualcosa in particolare allora vi potete sbizzarrire e divertirvi nella collezione e nell’assortimento.

Minima attrezzatura necessaria: Trapano, seghetto, pinze, cacciaviti, martello, forbici, spara punti, colla a caldo,  vinavil, pennelli, sgorbi, scotch, nastro carta, aghi, fili, macchina da cucire.




Per le decorazioni: carta decorativa, nastri, stoffe, washi-tape, perline, colori all’acqua, matite, pennarelli, legni di mare, filo di rame, filo animato, ganci, pomelli.

 
  
 
     


 E ora mi piacerebbe sapere…..  cosa fate voi quando avete 10 minuti liberi?




 

venerdì 19 febbraio 2016

Portacollane con pomelli


Mi sono sempre piaciute le donne che indossano le collane perché secondo me le collane definiscono una precisa individualità e originalità nelle persone. Quando  si pensa alle collane si pensa alla bellezza, all’ornamento, ma le collane hanno anche un valore simbolico che va oltre all'immagine esteriore. Portano con sé un valore di appartenenza, di  identificazione in un gruppo o semplicemente vogliono esprimere un’idea o comunicare qualcosa. Penso all'importanza che veniva data alle collane dalle popolazioni antiche, penso alle donne africane o indiane. Le collane per me sono dei catalizzatori di energia.

Così quando ho pensato di fare dei doni a delle amiche ho pensato a una cosa che io avrei voluto ricevere ed ho pensato che questo potesse essere un regalo autentico, originale, soprattutto perché fatto a mano.



Questo è il materiale necessario:

Legni di mare , pomelli dei cassetti, ganci.
 
 

 
 
 
 
Vivendo a vicino al mare per me è stato più semplice trovare i legni, ormai sono diventata una collezionista. I pomelli più particolari invece sono stati difficili da trovare a Grosseto, ma una gita a Roma per lavoro mi ha assistito o comunque internet aiuta. A questo punto rimane la fantasia e il tempo da trovare la sera dopo cena quando i bimbi già dormono e Pietro è agli allenamenti.

 
Il lavoro non è stato facilissimo, il legno deve essere pulito e trattato con antitarlo o protettivo per il legno. Poi ci sono i buchi da fare, non sempre il legno è abbastanza morbido,  ma basta avere un buon trapano con la punta per il legno e la mano decisa.


Questo è il risultato:

 
Portacollane Giulia:


 
 
 
Portacollane Lucia: 
 

 
 
 
Portacollane Michela: 
 




Carini no??
 
 
 
 
 
 

giovedì 18 febbraio 2016

Le pagelle


Ieri sono andata a prendere la prima pagella di mia figlia, ero emozionata. Non tanto per quello che mi aspettavo dal ricevimento, ma dall’occasione di per sé, la mia bambina che cresce e che già porta a casa la pagella.

Devo dire che in questi primi mesi di scuola mi sono fatta una idea considerevole di quello che mi circonda e mi rendo conto che il male vero della scuola e dei bambini sono alcune mamme (e i babbi che le lasciano fare). C’è un mio amico che fa il professore che mi diceva spesso questa cosa, ma essendo mamma, mi difendevo dicendo che non era vero, mi sentivo presa in causa.

In realtà questa cosa è vera.

Mi sono accorta che alcune mamme tengono troppo a questi voti, ai giudizi delle maestre, senza invece trasmettere il messaggio principale ai bambini che è quello del percorso importante che loro stessi stanno facendo. Parlo non solo dell’imparare cose nuove, ma della loro crescita interiore, della loro responsabilizzazione, della loro affidabilità, del fatto di doversela cavare da soli in un mondo dove noi adulti non siamo ammessi.

Queste mamme non si fidano dei loro figli. Questo è il problema principale. Queste mamme la sera intasano le chat della classe per sapere quali pagine devono essere fatte perché loro figlio  non ha segnato nel quaderno o, soprattutto, credono che abbia segnato male. Ma di cosa stiamo parlando? Di far crescere i figli senza dargli fiducia? Ho risposto alla chat in modo abbastanza diretto, come mia consuetudine.

Diamo credito ai nostri bambini, se una volta sbagliano la volta dopo impareranno. E’ meglio che prendano un rimprovero dalla maestra perché non hanno fatto i compiti, magari piangeranno, ma poi capiranno e la volta dopo saranno più forti. Oppure è forse meglio che le loro bravissime mamme si mettano accanto a loro e li aiutino a fare i compiti perfetti, così la maestra scrive “ottimo”… quell’ottimo a chi appartiene, al bambino insicuro di sé stesso o alla supermamma che non si fida di suo figlio?

Pensiamoci bene mamme... e babbi!



 

lunedì 8 febbraio 2016

Che rabbia!


Oggi vorrei parlare di un libro che si chiama "Che Rabbia!" di Mireille d’Allancé.


 
 
Parla del piccolo Roberto che torna a casa dopo una giornata storta, con la racchetta da tennis rotta e le scarpe infangate. E’ scoraggiato, arrabbiato, tira le scarpe a giro e si rifiuta di mangiare la minestra di spinaci che il suo babbo gli ha preparato. E’ veramente infuriato con il mondo e se ne va in camera sua sbattendo la porta. Quando si ritrova da solo in camera, la sua rabbia sale dalla pancia ancora più in su, il suo viso si fa sempre più rosso, finché Roberto fa un urlo tale da far uscire dalla sua bocca un mostro rosso, enorme. E’ la rabbia che si materializza, prende corpo. La rabbia (la Cosa rossa) inizia a disfare il letto, butta per terra la lampada, capovolge il comodino e ribalta la libreria, con tutti i libri che finiscono per terra. Poi la Cosa rossa si dirige verso il baule dei giochi e Roberto cerca di frenarla, ma non ci riesce, così anche tutti i giochi vengono disseminati per terra e il camioncino preferito di Roberto si rompe. A questo punto Roberto reagisce e scaccia il mostro, riprendendo il controllo della situazione. Prova a rimettere insieme i pezzi dei suoi giocattoli, rimette a posto i libri, rifà il suo letto e trova la rabbia piccolina nascosta sotto una sedia. Allora Roberto la prende in mano e la chiude in una scatolina e gli dice “Adesso tu stai qua dentro e non uscire più”. Così Roberto ritorna a tavola tranquillo e si mangia un pezzo di torta.

Questa è una bella storia perché vuol sottolineare per prima cosa che la rabbia esiste, è un sentimento umano ed è importante che i bambini vengano educati a riconoscere le proprie emozioni, anche quelle più complesse come la rabbia. Una emozione che va conosciuta e compresa, che a volte va placata, ma a volte va sfogata. L’aspetto più significativo però è che al momento d’ira può seguire il momento della riparazione, la possibilità cioè di poter rimediare ai nostri errori. E la scatolina assume qui un valore simbolico molte forte, un contenitore magico dove mettere le cose di noi che non ci piacciono.
Quando ho letto il libro ai miei bambini, loro erano attentissimi, Rocco ha voluto che glielo leggessi almeno tre volte. Era curioso di questa figura strana che si materializzava dalla bocca del bambino. Ha avuto anche paura e io gli ho dovuto spiegare che la rabbia non è cattiva, non fa del male a Roberto, che lui la manda via e la chiude nella scatola magica. Allora insieme ai miei bambini ci siamo divertiti a costruire la nostra scatola della rabbia, colorando i fogli con i colori a mano e incollandoli ad una scatola delle scarpe.

 
 
Questa è la nostra scatolina magica:  
 
 

Ho voluto sottolineare ai bambini che questa scatola della rabbia non serve solo a loro bambini, ma anche a noi grandi e che loro ci dovranno aiutare a mettere il nostro mostro dentro quando ci arrabbieremo noi.   Per ora funziona...
 

giovedì 21 gennaio 2016

Nel Covo dei Pirati


"Nel covo dei pirati c'è poco da scherzare, chi non si arruola finisce in fondo al mare.... Finanche i più convinti, finanche i più decisi, a denti stretti si sono tutti arresi.

Tu invece sei la sola, che va così sicura, sul trampolino di capitan Uncino. Ma dimmi come fai a non aver paura o sei incosciente oppure sai che è un sogno che non dura. Come sei brava a raccontare, ad inventarti quelle avventure, sembrano vere... che fantasia che hai! Continua il tuo racconto, mi sembra di vederti al punto giusto lui verrà a salvarti... Tutte le tue avventure son belle da sognare, però nei sogni non ti puoi rifugiare. Non vedi il tempo corre e non lo puoi fermare, diventi grande e ti vogliono cambiare. E questo ti spaventa i grandi sono strani, fanno paura più dei pescicani. Ma proprio adesso, ti vuoi fermare, non ti interessa di far vedere se è proprio vero che non ti arrendi mai...

Nel covo dei pirati c'è poco da scherzare... Ma tu coi pirati sai già che cosa fare, è un tuo vantaggio e non ci rinunciare. Tu lo sai già cosa fare, è come nei sogni, è come nelle avventure, ma il principe azzurro forse stavolta non viene e contro i pirati dovrai lottare davvero!

Ma ormai già lo sai dai pirati cosa ti puoi aspettare, ti potranno insultare, minacciare, in fondo è il loro mestiere. Ti faranno i versi, le boccacce, ti faranno le facce scure. E' per questo che si allenano davanti allo specchio quasi tutte le sere. Ma lo fanno per cercare di vincere le loro stesse paure! Ormai già lo sai dai pirati cosa ti puoi aspettare. Ma è proprio questo il tuo vantaggio e non ci rinunciare. Ormai già lo sai dai pirati cosa ti puoi aspettare."

Edoardo Bennato



Questa canzone la dedico alla mia piccola Wendi, che cresce veloce, che sogna ad occhi aperti e che ha una paura matta di essere giudicata. Non temere delle opinioni degli altri, vai avanti per la tua strada piccolina, piangi quando vuoi, ma poi asciuga le lacrime e continua il tuo cammino a testa alta... e senza smettere di sognare. Non aver paura!