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venerdì 19 febbraio 2016

Portacollane con pomelli


Mi sono sempre piaciute le donne che indossano le collane perché secondo me le collane definiscono una precisa individualità e originalità nelle persone. Quando  si pensa alle collane si pensa alla bellezza, all’ornamento, ma le collane hanno anche un valore simbolico che va oltre all'immagine esteriore. Portano con sé un valore di appartenenza, di  identificazione in un gruppo o semplicemente vogliono esprimere un’idea o comunicare qualcosa. Penso all'importanza che veniva data alle collane dalle popolazioni antiche, penso alle donne africane o indiane. Le collane per me sono dei catalizzatori di energia.

Così quando ho pensato di fare dei doni a delle amiche ho pensato a una cosa che io avrei voluto ricevere ed ho pensato che questo potesse essere un regalo autentico, originale, soprattutto perché fatto a mano.



Questo è il materiale necessario:

Legni di mare , pomelli dei cassetti, ganci.
 
 

 
 
 
 
Vivendo a vicino al mare per me è stato più semplice trovare i legni, ormai sono diventata una collezionista. I pomelli più particolari invece sono stati difficili da trovare a Grosseto, ma una gita a Roma per lavoro mi ha assistito o comunque internet aiuta. A questo punto rimane la fantasia e il tempo da trovare la sera dopo cena quando i bimbi già dormono e Pietro è agli allenamenti.

 
Il lavoro non è stato facilissimo, il legno deve essere pulito e trattato con antitarlo o protettivo per il legno. Poi ci sono i buchi da fare, non sempre il legno è abbastanza morbido,  ma basta avere un buon trapano con la punta per il legno e la mano decisa.


Questo è il risultato:

 
Portacollane Giulia:


 
 
 
Portacollane Lucia: 
 

 
 
 
Portacollane Michela: 
 




Carini no??
 
 
 
 
 
 

giovedì 18 febbraio 2016

Le pagelle


Ieri sono andata a prendere la prima pagella di mia figlia, ero emozionata. Non tanto per quello che mi aspettavo dal ricevimento, ma dall’occasione di per sé, la mia bambina che cresce e che già porta a casa la pagella.

Devo dire che in questi primi mesi di scuola mi sono fatta una idea considerevole di quello che mi circonda e mi rendo conto che il male vero della scuola e dei bambini sono alcune mamme (e i babbi che le lasciano fare). C’è un mio amico che fa il professore che mi diceva spesso questa cosa, ma essendo mamma, mi difendevo dicendo che non era vero, mi sentivo presa in causa.

In realtà questa cosa è vera.

Mi sono accorta che alcune mamme tengono troppo a questi voti, ai giudizi delle maestre, senza invece trasmettere il messaggio principale ai bambini che è quello del percorso importante che loro stessi stanno facendo. Parlo non solo dell’imparare cose nuove, ma della loro crescita interiore, della loro responsabilizzazione, della loro affidabilità, del fatto di doversela cavare da soli in un mondo dove noi adulti non siamo ammessi.

Queste mamme non si fidano dei loro figli. Questo è il problema principale. Queste mamme la sera intasano le chat della classe per sapere quali pagine devono essere fatte perché loro figlio  non ha segnato nel quaderno o, soprattutto, credono che abbia segnato male. Ma di cosa stiamo parlando? Di far crescere i figli senza dargli fiducia? Ho risposto alla chat in modo abbastanza diretto, come mia consuetudine.

Diamo credito ai nostri bambini, se una volta sbagliano la volta dopo impareranno. E’ meglio che prendano un rimprovero dalla maestra perché non hanno fatto i compiti, magari piangeranno, ma poi capiranno e la volta dopo saranno più forti. Oppure è forse meglio che le loro bravissime mamme si mettano accanto a loro e li aiutino a fare i compiti perfetti, così la maestra scrive “ottimo”… quell’ottimo a chi appartiene, al bambino insicuro di sé stesso o alla supermamma che non si fida di suo figlio?

Pensiamoci bene mamme... e babbi!



 

lunedì 8 febbraio 2016

Che rabbia!


Oggi vorrei parlare di un libro che si chiama "Che Rabbia!" di Mireille d’Allancé.


 
 
Parla del piccolo Roberto che torna a casa dopo una giornata storta, con la racchetta da tennis rotta e le scarpe infangate. E’ scoraggiato, arrabbiato, tira le scarpe a giro e si rifiuta di mangiare la minestra di spinaci che il suo babbo gli ha preparato. E’ veramente infuriato con il mondo e se ne va in camera sua sbattendo la porta. Quando si ritrova da solo in camera, la sua rabbia sale dalla pancia ancora più in su, il suo viso si fa sempre più rosso, finché Roberto fa un urlo tale da far uscire dalla sua bocca un mostro rosso, enorme. E’ la rabbia che si materializza, prende corpo. La rabbia (la Cosa rossa) inizia a disfare il letto, butta per terra la lampada, capovolge il comodino e ribalta la libreria, con tutti i libri che finiscono per terra. Poi la Cosa rossa si dirige verso il baule dei giochi e Roberto cerca di frenarla, ma non ci riesce, così anche tutti i giochi vengono disseminati per terra e il camioncino preferito di Roberto si rompe. A questo punto Roberto reagisce e scaccia il mostro, riprendendo il controllo della situazione. Prova a rimettere insieme i pezzi dei suoi giocattoli, rimette a posto i libri, rifà il suo letto e trova la rabbia piccolina nascosta sotto una sedia. Allora Roberto la prende in mano e la chiude in una scatolina e gli dice “Adesso tu stai qua dentro e non uscire più”. Così Roberto ritorna a tavola tranquillo e si mangia un pezzo di torta.

Questa è una bella storia perché vuol sottolineare per prima cosa che la rabbia esiste, è un sentimento umano ed è importante che i bambini vengano educati a riconoscere le proprie emozioni, anche quelle più complesse come la rabbia. Una emozione che va conosciuta e compresa, che a volte va placata, ma a volte va sfogata. L’aspetto più significativo però è che al momento d’ira può seguire il momento della riparazione, la possibilità cioè di poter rimediare ai nostri errori. E la scatolina assume qui un valore simbolico molte forte, un contenitore magico dove mettere le cose di noi che non ci piacciono.
Quando ho letto il libro ai miei bambini, loro erano attentissimi, Rocco ha voluto che glielo leggessi almeno tre volte. Era curioso di questa figura strana che si materializzava dalla bocca del bambino. Ha avuto anche paura e io gli ho dovuto spiegare che la rabbia non è cattiva, non fa del male a Roberto, che lui la manda via e la chiude nella scatola magica. Allora insieme ai miei bambini ci siamo divertiti a costruire la nostra scatola della rabbia, colorando i fogli con i colori a mano e incollandoli ad una scatola delle scarpe.

 
 
Questa è la nostra scatolina magica:  
 
 

Ho voluto sottolineare ai bambini che questa scatola della rabbia non serve solo a loro bambini, ma anche a noi grandi e che loro ci dovranno aiutare a mettere il nostro mostro dentro quando ci arrabbieremo noi.   Per ora funziona...